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LA RETE TEN – T PER LA PUGLIA ESCLUDE IL PORTO DI BRINDISI

By Settembre 18, 2021Nessun Commento
LA RETE TEN – T PER LA PUGLIA ESCLUDE IL PORTO DI BRINDISI

Le comunicazioni del Ministro Giovannini sulla rete Ten-T per la Puglia, con riconoscimento dell’asse Bari – Taranto, unici porti core pugliesi – e l’esclusione di Brindisi dal progetto europeo del Corridoio Baltico-Adriatico che tra alcuni anni unirà i mari del Nord e del Sud Europa – sono solo l’attestazione della situazione creata a seguito delle scelte imposte dalla fine degli anni 90 da un gruppo di potere. Tale situazione taglia qualsiasi possibilità di sviluppo e impedisce la valorizzazione delle potenzialità non solo di Brindisi, le cui sorti sono strettamente legate al porto, ma anche dell’intero territorio leccese.

Alla fine degli anni 90 il porto di Brindisi era florido e polifunzionale; già dal 1996 era stato superato il traguardo di 1 milione di passeggeri, oltre ad un grosso traffico di rinfuse liquide + solide e merci varie.

In quegli anni divenne padrone della situazione una lobby legata al traffico del carbone. Anche se le tariffe erano minime, il traffico del carbone assicurava ingenti risorse finanziarie sia all’Autorità portuale sia a tutti coloro che erano vicini a tale gruppo.

Vi era la piena convinzione, ancora in qualche modo perdurante, che il traffico del carbone, essendo risorsa energetica di basso costo e praticamente inesauribile, sarebbe durato a tempo indeterminato; pertanto sin da allora si fece in modo di privilegiare al massimo tale traffico, e limitare per quanto possibile tutti gli altri, specie quelli che potenzialmente avrebbero potuto dargli fastidio.

È per le predette ragioni che l’Autorità portuale di Brindisi, unica in Italia, non ha mai avuto un ufficio commerciale, né ha mai messo mano al nuovo piano regolatore, di cui sin dalla fine degli anni 80 si sentiva l’esigenza, anche perché il solo avvio serio delle procedure avrebbe portato nuovi traffici. Non a caso, dalla sua istituzione, al contrario di quanto avvenuto negli altri porti, i presidenti scelti non erano né radicati né avevano alcuna conoscenza del territorio, fino a giungere alla nomina di un presidente di nazionalità estera, caso unico a livello mondiale.

Tale lobby ha imposto la scelta di classificare il porto come unicamente industriale, causando lo spostamento di fatto degli altri traffici su altri porti, impedendo di fatto lo sviluppo di altri settori. In definitiva, il risultato degli eventi su riportati è che nel porto di Brindisi a breve terminerà il traffico del carbone, ma, contestualmente, il porto è scarsamente utilizzabile per altri traffici.

Recentemente – all’inizio di maggio u.s. –  le Istituzioni Locali sono state sollecitate ad intervenire  per ottenere il riconoscimento di porto core, mentre oggi – a fronte delle dichiarazioni del Ministro Giovannini –  la classe dirigente locale viene accusata di aver fallito tale obiettivo, dimenticando che era ed è solo l’Autorità Portuale (ora ADSP MAM) che può avviare l’iter per il riconoscimento di Porto “core”, così come è avvenuto per i porti di Bari e Taranto che hanno ottenuto tale importante riconoscimento. Particolare di rilievo è il fatto che nel 2015 l’Autorità Portuale di Brindisi, probabilmente condizionata dalla predetta lobby, non fece nulla per ottenere il riconoscimento di porto core.

Con l’attuazione della riforma Del Rio, venne inizialmente prevista una sola Autorità di Sistema che includeva tutti i porti pugliesi, ma che avrebbe dovuto avere sede in Taranto; per questo motivo Bari ottenne di fatto un primo scorporo, da cui sono scaturite le due Autorità dello Jonio e MAM.

Solo un nuovo piano regolatore del porto di Brindisi fornirà le idee chiare su quello che c’è da fare; ma, per ragioni di carattere tecnico (non a caso dopo la riforma Del Rio in Italia non è stato più approvato né un Piano Regolatore né alcuna Variante, ma solo Adeguamenti Tecnici Funzionali) si potrà mettere mano al nuovo piano regolatore solo ed esclusivamente se prima il porto sarà scorporato dall’ADSP MAM, come per altro già successo per i porti di Messina e Catania.

Il futuro del porto di Brindisi è legato oltre che al turismo e all’industria, soprattutto alla logistica, termine usato ed abusato, ma di cui solo in pochi conoscono la reale enorme portata sull’economia, sull’occupazione e sull’ambiente.

Concludiamo con due considerazioni:

  1. Per essere vincenti occorre fare squadra, la più larga e compatta possibile, ma voltando decisamente pagina;
  2. Si auspica che il Governatore della Puglia voglia intervenire con determinazione per rilanciare le sorti del Porto di Brindisi, sostenendo ed ottenendo in tempi brevi l’autonomia, più volete richiesta, dello stesso porto dall’ADSP MAM, che è condizione indispensabile per lo sviluppo economico/occupazionale e per uscire dal cono d’ombra della perdurante crisi che attanaglia il nostro territorio.

 

 

Il Segretario Generale

Antonio Macchia